TRATTO DA: I PRODOTTI CALABRESI
Nei suoi appunti di viaggio, lo scrittore inglese C.T. Ramage (1828), riferendosi al popolo brettio (del quale esaltò generosità e senso di ospitalità), così annotava: Vivono per lo più di pane fatto con la farina di castagne che si raccolgono nelle foreste della Sila […] “Derrata maggiore sostenitrice de' bisogni de' villici tutti che abitano i fianchi occidentali degli appennini silani” e “oggetto con funzione magica” nei racconti popolari, la castagna è un frutto di alto potere nutritivo, che si presta ad un impiego variegato. Le castagne si possono mangiare fresche o “secche”, crude, bollite (vaddrani) e arrostite (ruseddre); si possono, anche, ridurre in farina, che viene usata per fare il pane castagnizzu e le frittelle. I pistiddrii sono le castagne essiccate e scortecciate; vengono consumate, anche, bollite insieme al liquido di cottura. Il frutto è un achenio con pericarpo coriaceo, sottile, lucido e di colore bruno, che ricopre un seme bianco, farinoso e commestibile. Le castagne sono contenute (da 1 a 4) entro un involucro spinoso (riccio) che si apre a maturità in quattro valve. La pianta fiorisce in giugno; da settembre a novembre avviene la raccolta, momento di aggregazione sociale in cui far rivivere tradizioni e ricordi di tempi passati.